Siamo ancora capaci di sognare qualcosa di bello? Tutti facciamo sogni e ne custodiamo qualcuno nel cassetto e tuttavia sembra che non ci sia più spazio per i sogni belli in questo tempo, ciò che conta è altro, il fare, produrre e il guadagnare. Eppure ciascuno vive con un piede nell’baratro e un altro sulle vette, sono i sogni che ci permettono di non perire nell’abisso, quelli che producono la vera ricchezza. La catastrofe più grave che possa colpire una società è smettere di sognare, consegnarsi all’oblio dell’abitudine. Mancano oggi i sognatori perché non si ha il coraggio, probabilmente perché nessuno coltiva i sogni, non ci sono più istruttori di volo. Ma cosa sarebbe una vita senza sogni?
Paolo Greco si addentra dentro un tema affascinante e difficile al contempo, senza cadere nello scontato e nel banale si muove con i piedi bene aderenti alla realtà. Parte da alcune domande che audacemente pone all’attenzione del lettore e quasi come una provocazione lo spinge a mettersi in cammino, a scomodarsi e scendere per strada: come riusciamo a tirare fuori dalle nostre stanze i sogni belli che facciamo? È possibile sognare il nuovo che custodiamo dentro quando fuori tutto ci è contrario? Dove trovare il gancio per desiderare e immaginare un futuro migliore? Cosa fare quando anche la matita dell’immaginazione sembra essersi spezzata? Che cosa bisogna fare per non svanire nelle illusioni e resistere alla realtà che risucchia tutte le nostre migliori energie?
Le pagine che abbiamo tra le mani cercano di cogliere non tanto l’aspetto sdolcinato e semplicistico del sogno, bensì quello più realistico, infatti l’autore, professore alle scuole secondarie di secondo grado, colloca l’argomento dentro l’attuale, nelle tensioni e le molteplici spinte che l’attraversano, la società individualista e sempre più cinica, dalla logica del mercato globale sempre più imperante e pervasiva, che ci vorrebbe tutti uguali ed inquadrati. Senza sogni la vita è come un cielo senza stelle, mentre al contrario anche un solo sogno ha il potere di “ribaltarci la vita” come scrive Pierluigi Ricci nella Prefazione al testo.
I sogni hanno ancora diritto di cittadinanza nella nostra esistenza, esprimono emozioni e desideri, contengono qualcosa di umano e di divino, investono talenti e accendono passioni, disegnano creativamente un domani dalle grandi possibilità. I sogni però ci chiedono di essere liberati dalle catene che li tengono prigionieri, da un pensiero riduzionista, principalmente dalla paura di crederci. I sogni, anche quelli apparentemente più complicati, colorano le nostre giornate e ci permettono di entrare a piene mani nella vita, di gustarne il sapore fino in fondo, ci sospingono più in là, sulla strada certamente rischiosa ma anche affascinante del futuro, dove ciascuno esprime il proprio essere, oggi, quel passo di danza che libera il proprio canto originale.
L’autore fa suo l’invito di papa Francesco rivolto ai giovani, quello di “mettersi con coraggio sulla strada dei sogni” e di realizzare la vita, perché la vita si realizza, non è una lotteria o un vuoto a perdere. Conduce con sé un appello al compimento della bellezza che ciascuno porta dentro. Basta soltanto tirarla fuori. Ai giovani si rivolge questo libro, ma parla anche alle famiglie e agli adulti che hanno la responsabilità di accompagnarli lungo la strada dei sogni belli. Tuttavia i giovani sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto di questi nostri convulsi giorni, eppure sono ancora loro la soluzione e non il problema di questo tempo, il nuovo che accade, perché capaci di fare bei sogni, anche se poi faticano a realizzarli, attendono solo che qualcuno li sostenga e gli si faccia accanto.